di Marco Villa
07.11.2019
Tempo di lettura 5'
“Mi sgusciate un’ostrica che proviamo a fa’ ‘sto piatto?”.
Alessandro Borghese è un concentrato di energia intorno a cui si muovono cuochi, assistenti e personale di sala. Tra meno di un’ora inizierà il servizio serale ai tavoli di Alessandro Borghese – Il Lusso della Semplicità, il suo ristorante di Milano, a due passi dai palazzi di Citylife.
Uno dei tasselli delle attività di quello che da anni si è ormai trasformato in un brand. C’è il ristorante, ma, accompagnati dal marchio Alessandro Borghese, ci sono anche i programmi Kitchen Sound e Duel per Sky Uno. La stessa rete su cui da anni si è imposto come fenomeno nazionale con il suo show più famoso, ovvero Alessandro Borghese – 4 Ristoranti. Un programma che l’ha portato in giro per l’Italia e che l’ha fatto diventare una presenza fissa nelle televisioni di tutto il paese. Letteralmente.
Foto © Vito Maria Grattacaso
Partiamo nel modo più semplice: 4 ristoranti, un programma di cui tutti hanno visto almeno una puntata. Come ti spieghi la sua trasversalità?
In 4 Ristoranti hai l’Italia a livello paesaggistico, hai le dinamiche umane dei quattro ristoratori, hai le dinamiche lavorative di un’attività – quindi la sala, la cucina – hai il rapporto con i clienti, hai la competizione.
Siamo un popolo di poeti, santi, navigatori. E mangiatori.
È un’alchimia per cui non c’è una risposta univoca al successo di 4 Ristoranti, non è imputabile a me, non è imputabile al format. Allo stesso tempo, funziona grazie al format e grazie a me, nel senso che forse senza di me non avrebbe lo stesso successo, perché l’ho costruito su di me e sul mio stare in mezzo alla gente e sul parlare della mia materia.
In realtà tu nel programma non parli molto di quello che mangi…
Ne parlo, ma in realtà non ne parlo. Quando arriviamo alla fine, al tavolo del confronto, c’è una frase che dico sempre, ma che poi non viene montata: “Signori, a questo tavolo scopriamo cosa vi siete detti, ma avete fatto tutto voi”. Ovvero: io vi ho solo portato in giro, non ho mai parlato di un piatto, di un vino o del fatto che quei fiori in sala andrebbero cambiati. Avete fatto tutto voi.
C’è stata una volta in cui ti sei dovuto mordere la lingua?
C’è stata. Tre concorrenti hanno fatto nero una quarta per motivi slegati dalla cucina. Avrei voluto ribaltare una parte del risultato, ma sono stato impotente per il divario che c’era e per quanto avevano picchiato pesante con i voti. Non potevo farci niente.
E i tuoi tormentoni? Li sopporti ancora o ti stanno stretti?
La mia faccia è uno dei meme che girano di più: ogni volta che c’è un’elezione ci sono io che posso “Ribaltare il risultato”. Ogni giorno incontro gente che mi chiede di dire “Location” o “Dieci”, però non mi stanno stretti. È un divertissement che fa bene alla tv, fa bene a internet. Poi quando passerà 4 Ristoranti, passeremo a qualcos’altro.
Prima o poi finirà, non posso farlo in eterno, prima o poi farò qualcos’altro.
Tu hai detto giustamente che siamo un popolo di mangiatori, ma siamo anche un popolo a cui piace tantissimo parlare di quello che mangiamo
Noi siamo l’unico popolo che all’ora di pranzo, appena hai finito di mangiare, chiede: “Ma stasera che se famo?”
Da dove arriva secondo te questa ossessione per il cibo?
L’italiano è “Gastrofobico”, ha paura di restare senza cibo. Non so da dove arrivi questa paura. Poi va detto che 4 Ristoranti ha cambiato il modo di andare a cena. A mio discapito, perché adesso sono tutti critici: hai gente che fa la foto al piatto da ogni angolazione e poi il giorno dopo scrive la recensione dicendo: “La cacio e pepe era un po’ tiepida”. Eh, ma hai fatto 15 minuti di fotografie.
Come vivi le recensioni?
Noi non siamo iscritti a TripAdvisor, non ci interessa. Io a quella roba non ci credo, c’è gente che non è mai venuta qui, poi recensisce il ristorante su TripAdvisor. Io lascio il taccuino alla fine della cena, come in 4 Ristoranti. Sono autoironico: io rompo il cazzo a tutta Italia e tu puoi dare il voto a me. Poi ovviamente se ci sono io la gente è falsa come Giuda. Mi fa i complimenti, mi chiede la foto e poi va su TripAdvisor e mi dà 1. È così.
Io proibisco ai miei ragazzi di leggere le recensioni, perché li influenza, ma è un mondo falsato. E se non hai le spalle grosse come me, fatte da una vita di televisione e di cucina, ti demoralizzi.
Poi senz’altro vanno a leggerle lo stesso, ma io dico loro di non farci caso, perché se c’è uno che parla male, poi di sicuro due commenti dopo c’è quello che ti dà 5 pallini e dice che non ha mai mangiato una spigola così.
Che tipo di capo sei?
Io sono molto buono per tanto tempo, sono molto accondiscendente e amico. Una cosa la dico una volta, due volte, tre volte, poi se vedo che continua a non andare bene mi parte la brocca e ti lancio fuori dal ristorante.
Ti incazzi anche tu, quindi?
Sono un incazzoso verace, ma non sono fatto così. Non è il mio modo di fare in cucina. I ragazzi hanno diritto ad avere la musica tutto il tempo, mi piace che stiano rilassati, ma devono capire che hanno questa possibilità a patto che non calino di tensione lavorativa. O stai sempre con il bastone per tenerli sempre sulla corda, oppure usi un altro metodo e li fai star bene, ma l’importante è che non calino.
Qual è l’errore che proprio non puoi accettare?
In cucina tanti, non ce n’è uno solo. Non voglio ripetere più di una volta una cosa, quando lavoro su un piatto voglio un’attenzione molto alta, perché la replicabilità di quello che vado a fare è fondamentale. Poi la puntualità, non mi piacciono i ritardatari. Sono molto pignolo su tutto quello che riguarda l’ordine, la pulizia e l’igiene della cucina. E sulla materia prima: voglio che la sogliola sia “Quella” sogliola, altrimenti il piatto non lo faccio.
È difficile trovare le materie prime che vuoi tu?
No, basta cercare. L’importante è lavorare con le stagioni e con le persone: non mi piace lavorare con i grandi produttori, preferisco le piccole realtà perché mi seguono di più. Prendo le aragoste da un pescatore che va al largo della Meloria vicino a Livorno, gli agnelli li prendo in Garfagnana, i funghi li prendo a Borgotaro…
Quando studi un piatto nuovo, qual è il punto di partenza?
Partiamo dalla stagione. Noi fino ai primi di ottobre abbiamo tenuto la carta estiva, adesso andiamo verso l’autunno-inverno, quindi adesso negli antipasti c’è una terrina di stinco con funghi cardoncelli, un cavoletto di Bruxelles e uva fragola. Andremo verso i tartufi, le zucche. Si parte con quali pesci ci sono in mare in questo periodo, cioè seppie, sogliole. Poi cervo, anatra, asino.
Partiamo da questo e poi iniziamo a ragionare: io sono tornato da poco dalle Mauritius, ho mangiato nei ristoranti, ho visto la cucina e i prodotti che usano, sono stato al mercato generale e mi sono portato a casa un po’ di cose, ma anche delle influenze.
E allora ho messo in carta questa terrina di king crab, con cetrioli barattieri, una salsa di peperoni, mango e tamarindo. Ma ho messo in carta anche un risotto con funghi porcini, animelle d’agnello, cavolfiore stufato al vino e un fondo di agnello.
Nasce tutto da te?
È un brainstorming che faccio io, mi faccio venire l’idea e poi faccio partire gli altri.
Abbiamo una chat comune tra noi cuochi e ogni tanto la sera partiamo con le suggestioni.
Ad esempio, a proposito di agnello: pensa all’agnello, dove vive? Cosa ha intorno? Il fieno. Perfetto: allora facciamo la panna al fieno. Ci facciamo portare due balle di fieno di malga, lo facciamo in infusione fredda nella panna e ci facciamo una salsa con cui condire l’agnello o l’asino, che vivono dove c’è il fieno.
Quindi è tutta teoria o andate anche per tentativi?
C’è lo studio e poi c’è il fine tuning, perché magari finiamo il piatto, è bellissimo, ci piace, poi arriva la parte di rottura. Ad esempio arriva mia moglie che viene e fa: “Sì vabbè, ma mo come me lo magno?”. E quindi, anche se per noi era fichissimo, ci guardiamo e ci diciamo che in effetti…
Alla fine devi levare l’ego del cuoco e pensare che non lo stai facendo per te, lo stai facendo per il cliente.
C’è stato un piatto che non è stato apprezzato e che hai dovuto togliere?
Capita sempre. Ad esempio, l’anno scorso l’anguilla. Avevo fatto un’anguilla alla brace con queste prugne Sainte Helene piccoline e la pelle croccante, ma l’anguilla è difficile come piatto. La signora di Milano che viene a cena qui fa fatica a ordinare l’anguilla.
Il più ordinato, invece?
Cacio e pepe, senz’altro.
Tra televisione, ristorante e impegni commerciali, com’è una tua giornata?
L’altra sera stavamo a Palermo per un evento, sono tornato in aereo la mattina, abbiamo preso la macchina, abbiamo fatto 350 chilometri per andare dopo Padova in un’azienda che mi fornisce la carne, sono andato a scegliere le bestie, gli angus, la scottona, il fiocco. Poi siamo tornati qua e ho fatto servizio in cucina la sera. Domani ho mia figlia che ha una gara di cavallo e invece domenica sto in pista a Monza, perché corro con le macchine: alle 8:30 sono in pista, casco, tuta, Porsche da 500 cavalli e vado a correre. Mi scarico e poi all’ora di pranzo torno qua al ristorante per il servizio.
Cosa cucini per te?
Il momento in cui mi godo di più la cucina è quando non partecipo al servizio della domenica a pranzo al ristorante e me ne sto a casa con le mie figlie a fare il barbecue in giardino: arrosticini di pecora, braciolette di maiale, cose così. Magari d’inverno scatta anche il ragù alla napoletana, che metto su la sera prima e faccio andare cinque o sei ore.
Quando invece vai in altri ristoranti, che tipo di locali frequenti?
Non accade mai, lo faccio solo per 4 Ristoranti. Sono andato a cena con mia moglie per il suo compleanno perché avevo promesso da quattro anni a un mio collega di andare nel suo ristorante e lui era già venuto da me. Però poi mi ha chiamato un altro collega per chiedermi perché fossi andato lì e non da lui… è difficile!
Cosa bisogna guardare per capire al volo il livello di un ristorante?
Per prima cosa il menu, che non deve avere più di cinque portate a partita.
Se tu hai troppa roba in menu, vuol dire che qualcosa non va bene, che lavori con i surgelati o ricicli la roba, per evitare problemi di lavorazione e stoccaggio della materia prima. Bisogna avere ingredienti di alta qualità e una proposta ristretta, perché si deve lavorare il fresco.
Prima di diventare Alessandro Borghese, che adolescente sei stato?
Ho fatto la scuola straniera, sono sempre stato molto vivace, molto divertente. Ero uno di quei ragazzini con le bucce, sempre scorticato. A 14 anni ero uno skater, ho fatto motocross, ho corso in motocicletta. Se non era bmx era lo skate, poi i motorini con le modifiche, mi piaceva andare a pescare, anche dipingere.
Ero un collezionista di animali strani: ho avuto pitoni, iguana, avevo le teche con bacarozzi di ogni tipo. Poi ho smesso, ma riprenderò non appena le mie figlie cresceranno.
A proposito di futuro, se avessi carta bianca che programma faresti domani?
Farei un Masterchef sulla sala, perché vogliono fare tutti i cuochi e nessuno vuole fare il cameriere. La sala è la prima linea, che accoglie i clienti, spiega, racconta quello che facciamo in cucina.
È un settore in cui siamo disastrati, a Milano mancano almeno duemila camerieri: non è un problema solo mio, è comune a tutti i miei colleghi. È un lavoro che non vuole fare nessuno.
Continuando a guardare avanti: secondo te cosa mangeremo tra vent’anni?
Tra vent’anni mangeremo ancora la cacio e pepe, questo te lo posso garantire.
Sotto il profilo del tortellino in brodo, diciamo, la tradizione della cucina italiana classica difficilmente morirà, anche se nel corso degli anni l’abbiamo alleggerita.
Secondo te mangeremo la carbonara con le cavallette al posto del guanciale?
La cavalletta è il gambero di terra. Se lo vedi, il gambero è brutto, però vive sott’acqua e ti va bene. Arriveremo a mangiare gli insetti, sicuramente. È solo una questione culturale: ci sono posti dove se dici che mangi il coniglio, si mettono paura.
Ti poni dei limiti sul cibo? C’è qualcosa che proprio non riesci a mangiare?
Tutto, mangio tutto. Oltre agli insetti, altre cose strane che ho mangiato sono le meduse, certi fegati a Hong Kong. Ho provato la carne di cammello, di struzzo, di squalo, di serpente.
E cosa cambia tra un animale e l’altro?
Sa tutto di pollo. Anzi: sa di rana.
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