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Cultura

La cultura ultras cinese

di Eduardo Accorroni

22.04.2022

Gli Ultras della "Terra di Mezzo"
riflettono 
la complessa società della RPC.
Tra musica punk, "Aquile" e "Fuligans" 
la cultura Ultras cinese azzera gli
stereotipi sulla Cina.


Cover © Nick Öhlo 

Tempo di lettura 10'

Nell’ultimo ventennio lo sport più seguito al mondo, il calcio, è stato utilizzato nella Repubblica Popolare Cinese come strumento di propaganda, capace di rispondere in maniera efficace e pragmatica alle esigenze del Governo Centrale di Pechino.

Nasce spontaneo un parallelo: se il tanto discusso “Sogno Americano” ha avuto come formidabile strumento di diffusione l’industria culturale del cinema, la Cina – per precisa volontà del Partito Comunista – ha deciso di concentrarsi, tramite investimenti mirati, sull’industria del calcio. L’ambizioso obbiettivo è quello di dimostrare al Vecchio Continente, anche attraverso lo sport, che è ri-nata una nuova, grande “Terra di Mezzo” (中国): solida e compatta all’interno, grazie a un rinnovato orgoglio nazionale, e temibile oltre confine, grazie a una straripante crescita economica.

“为了共同的理想,永远不放弃!”

L’affaire calcio in Estremo Oriente, quindi, è parte di una questione ben più complessa e articolata che non riguarda semplicemente 22 uomini che si affannano nel rincorrere un pallone. Approcciarsi a questo mondo, leggere con attenzione la sua stratificazione e il suo reticolo di sottoculture, è un metodo, differente quanto interessante, per conoscere un po’ meglio la Cina, una nazione che, abitualmente, facciamo rientrare a forza nelle nostre logore categorie di analisi, spesso distorcendolo e non comprendendolo appieno. Esplorare il mondo delle curve cinesi aiuta anche a comprendere imprevedibili aspetti culturali e il pensiero politico di un Paese che da fuori rischia di essere oggetto di facili stereotipi, o eccessive semplificazioni.

Nonostante le chiare restrizioni e problematiche nel condurre uno stile di vita come quello Ultras nella Repubblica Popolare Cinese, è commovente l’impegno e la costanza con la quale i supporter delle principali società di Chinese Super League (che è la prima divisione, l'equivalente della nostra Serie A), e non solo, facciano l’impossibile per rendere l’atmosfera nel loro stadio di casa quanto più ostile possibile per tifosi e giocatori avversari. 

I primi gruppi Ultras nascono in Cina intorno agli anni Novanta, di pari passo con la crescita del calcio professionistico.

Saranno trent’anni caratterizzati dalle rivalità fra squadre e gruppi organizzati, spesso, appartenenti alla stessa provincia, prefettura o contea. Qui proviamo a presentarvi i più celebri e discussi.

Beijing Guoan

Il gruppo è conosciuto come “The Sector” ed è una delle principali frange di tifo organizzato del Beijing Guoan, assieme alla ben più celebre “Royal Army”. The Sector si definisce, curiosamente, sia antifascista che skinhead. Due impostazioni esistenziali e ideologiche che, a noi occidentali, paiono quantomeno antitetiche. Negli anni ’60, la Repubblica Popolare Cinese era uno Stato impenetrabile ed ermeticamente chiuso all’esterno, martoriato dal complesso decennio della Rivoluzione Culturale maoista. Non a caso, il movimento skinhead, in Cina, si è sviluppato solo negli anni Novanta e con esso anche la musica punk. 

Il precursore delle temute teste rasate nella “Terra di Mezzo” è stato, senza ombra di dubbio, Lei Jun, personaggio di culto per la tifoseria del Beijing Guoan, morto nel 2015, prima di compiere 40 anni, a causa di un disturbo cardiaco ereditario. In uno dei suoi versi più incisivi e celebri, cantava: “Per un ideale comune, non ci arrenderemo mai!”.

“为了共同的理想,永远不放弃!”

Non a caso, la sottocultura punk in Cina può tranquillamente essere identificata come Sharp, un acronimo che sta per: Skinheads Against Racial Prejudice, ovvero skinhead contro qualsiasi forma di razzismo.

Vi sono poi manifestazioni di goliardia collettiva, inerenti proprio ad alcune di queste realtà. Per esempio, non appena scatta il ventesimo minuto della prima frazione, indipendentemente dall’avversario, dal risultato della partita, dalla situazione di classifica del club della capitale, i tifosi delle “Imperial Guards” (soprannome che rimanda inevitabilmente ai fasti dell’Impero Celeste) intonano 国安之歌, una delle canzoni più celebri della cultura ultras cinese, composta dal gruppo Punk MiSanDao (蜜三刀).

Nel corso degli anni, alcune band, come gli Hangnail o i Shave’n’Shut, hanno seguito le orme dei MiSanDao, riuscendo a consolidare ulteriormente, se possibile, il fortissimo legame tra una delle sottoculture più esuberanti e dinamiche del “Lontano Oriente” (远东) e la passionale tifoseria del Beijing Guoan.

Nei locali di Pechino, prima della diffusione della pandemia Covid-19, vi erano serate dedicate espressamente alla ‘comunione’ fra la cultura ultras e la musica punk, come la Peking Ultras Night Kids, nella quale si esibivano i migliori performer della “scena”.

Shandong Taishan

La Cina è una Repubblica popolare in cui il potere è formalmente esercitato dal Partito Comunista Cinese (中国共产党 oppure 中共). Nonostante questo, a dispetto di ciò che sarebbe lecito attendersi, tra le curve cinesi si annidano anche gruppi di estrema destra. Il più celebre è indubbiamente quello degli “Aquila Ultrà Destra” supporters dello Shandong Taishan (la squadra nella quale milita Marouane Fellaini e dove ha giocato per anni Graziano Pellè).

È un gruppo impregnato del cosiddetto Han chauvinism / Han-Centrism, ovvero un termine dispregiativo, coniato da Mao Zedong nel 1938 per indicare il razzismo della popolazione di origine Han nei confronti delle altre etnie che vivono in Cina.

Quello degli Aquila Ultrà Destra è un gruppo estremamente nazionalista che non vede, ad esempio, di buon occhio la chiamata in nazionale di un giocatore uiguro, in quanto non rappresentante di quella che è la cultura dominante Han.


Spiegato in breve:

Gli uiguri appartengono a un'etnia turcofona di religione islamica che vive nel nord-ovest della Cina, uno dei 56 gruppi etnici ufficialmente riconosciuti dalla RPC.


Sono correnti culturali che si inseriscono in un trend assai più grande e composito. Dopo aver raggiunto uno sviluppo imponente dal punto di vista economico e produttivo, il nuovo corso di investimenti e riforme politiche ha fatto sì che il Paese diventasse un protagonista di primo piano nello scacchiere geopolitico internazionale. Negli ultimi anni, in Cina, il sentimento nazionalista è diventato sempre più forte, anche per via del pervasivo patriottismo incentivato massicciamente dalle autorità governative in tutta la popolazione, un legittimo orgoglio nazionale, rimasto ben vivo a covare sotto la cenere e riemerso, dopo oltre mezzo secolo di soprusi e umiliazioni. 

Guangzhou City Football Club

Nella provincia meridionale del Guangdong (situata sulla costa meridionale della Cina continentale) troviamo l’unica realtà di tifosi composta unicamente da stranieri, i cosiddetti “Fuligans” del Guangzhou City Football. Un gruppo internazionale e multietnico, al seguito di una squadra di Chinese Super League, composto da membri di 14 differenti Paesi. Uomini, donne, lavoratori, studenti che condividono la passione per questo sport.

Fondato da un diplomatico del consolato britannico, il gruppo costituisce una piacevole eccezione all’interno del variegato macrocosmo calcistico cinese. 

«Siamo in ottimi rapporti con i tifosi cinesi. Noi cantiamo con loro sugli spalti e loro con noi. I cinesi di solito entrano allo stadio molto presto, noi preferiamo gustarci una birra fuori e fare il nostro ingresso poco prima del fischio d’inizio. Sono oramai cinque anni che il nostro impegno di tifosi è riconosciuto e stimato da parte degli altri tifosi e dal club»; così aveva raccontato John Hasset, leader dei Fuligans (@GzFuligans su Twitter) in una lunga intervista, rilasciata in esclusiva, al portale All Asian Football, qualche anno fa.

Appare poi curioso vedere come gli ultras in Cina, ribaltando alcuni logori stereotipi della tifoseria occidentale, abbiano rinominato diverse sezioni dei loro gruppi organizzati, utilizzando sigle e nomi facilmente comprensibili e perlopiù riconducibili a diverse tifoserie nostrane.

Anche solo dopo una prima approssimativa analisi, quello che emerge è che molti gruppi hanno nomi italiani, come gli Aquila Ultrà Destra dello Shandong Taishan, i LFAM (Lotta Fino alla Morte) del Beijing Guoan o le immancabili “Curve Nord”.

La Serie A, infatti, rimane un oggetto di culto fra una piccola cerchia di tifosi cinesi, dato che è stata, assieme alla Premier League, il primo campionato straniero a essere trasmesso in Cina.

All’inizio degli anni Novanta, infatti, grazie agli accordi commerciali stipulati nel corso della visita del 1986 di Bettino Craxi a Deng Xiaoping, fu possibile la trasmissione delle sfide del campionato italiano sulla celebre CCTV28. La Serie A di quegli anni resta un ricordo indimenticabile nella memoria dei tifosi cinesi e non solo. La nostra prima divisione, oltre a essere di altissimo livello, regalava spesso sorprese e partite di grandissima intensità. In Cina le dirette televisive della Serie A attiravano decine di milioni di tifosi, Internet non esisteva ancora e seguire le sfide sulla CCTV era l’unica maniera per rimanere aggiornati sulle vicende sportive del nostro Bel Paese.

Fondamentale a questo proposito fu la figura del giornalista Zhang Huide (张慧德), scomparso nel gennaio 2015, che ha il grande merito di aver rappresentato per anni un’importante fonte di relazione fra le due culture. Come mai nessuno aveva fatto prima, Zhang è riuscito a presentare alla Cina, con immagini vivide e un umorismo inconfondibile, la leggendaria Serie A italiana, plasmando con la sua voce una memoria indelebile nella mente di milioni di tifosi cinesi.

Nel 1994, le positive relazioni commerciale italo-cinesi permisero alla Sampdoria di affrontare una breve tournée nella “Terra di Mezzo”. La nazionale cinese e i blucerchiati (che schierarono calciatori del calibro di Roberto Mancini e Ruud Gullit) giocarono una storica amichevole che si concluse con la vittoria del Dragone per 4-2. L’allenatore della Sampdoria Sven-Göran Eriksson incolpò ironicamente per la sconfitta proprio il sopra-citato Zhang Huide, colpevole, secondo lui, di aver presentato, con maniacale minuziosità, punti forti e deboli del movimento calcistico italiano.

Alla fine, il calcio ci offre una possibilità preziosa, quella di vedere da dentro la dinamica complessità della società cinese, un Paese che spesso rischiamo di non comprendere, sacrificandone l’eterogenea peculiarità, all’interno di obsolete tradizionali categorie di lettura e analisi, atte solo a banali semplificazioni.

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