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Cultura

A cuore aperto

di Valentina Ecca
11.02.2020

Un passato da street artist,
il successo su Instagram e
il racconto delle emozioni
senza filtri:
Walter Petrone è Wallie

Tempo di lettura 13'

Si possono raccontare la tristezza, la fine di una relazione e la malattia su Instagram? Secondo Wallie – all’anagrafe Walter Petrone – sì. La storia inizia con lui bambino che chiede alla nonna di disegnare un pesce spada: data l’incapacità della nonna, Walter si assume la responsabilità di imparare a disegnare gli animali – dice che gli riescono meglio degli umani, ndr – da solo.

La storia ha un lieto fine: la sua pagina Instagram è una delle più seguite e lui è diventato un istituzione nel mondo degli illustratori e delle fiere del fumetto italiane. Ha pubblicato già due libri per Feltrinelli Comics e vanta una fanbase da vera rockstar. Abbiamo incontrato Wallie per farci raccontare del suo ultimo libro Croce sul cuore e per farci spiegare come si fa a essere così sereni nel raccontare i fatti propri a più di centomila follower.

Foto © Vito Maria Grattacaso

A volte non riesco a darmi delle risposte col pensiero, o con la voce, mi riesce molto meglio con i fumetti.

Wallie

Come nasce la passione per il disegno e l’illustrazione?
È nata da piccolissimo, ero abbonato a Topolino. Le prime storie che mi hanno letto sono state quelle. Dopo sono passato a leggere Diabolik e titoli simili, contemporaneamente ho iniziato a disegnare. Mi ricordo il primo disegno che feci insieme a mia nonna, ne parlo anche in Croce sul cuore.

Che background hai, da dove arrivi?
Io ho sempre disegnato, nel momento in cui ho dovuto scegliere cosa fare all’università ho pensato di fare l’Accademia di Belle Arti. A Napoli ho studiato illustrazione, solo adesso mi sono messo a fare i fumetti. Ho anche avuto un periodo da street artist sempre a Napoli, alla fine dei tre anni di studio lì sono scoppiato su Instagram. Mi ero messo a fare i fumetti praticamente a caso e a quel punto ho pensato che visto che effettivamente mi stavo esprimendo così era il caso che imparassi a farli davvero e quindi mi sono iscritto all’Accademia di Bologna dove studio fumetto.  

Parliamo di Croce sul cuore: è una specie di viaggio dantesco a fumetti, da dove è venuta l’idea di queste anime?
Non lo so, ho sempre avuto una specie di fascinazione per l’aldilà. Sono sempre stato attratto dai temi esistenziali il che mi rende un ventenne fuori dal mondo, ho cercato di rispondermi attraverso il fumetto che è il mezzo per me più facile, perché lo conosco bene.  

A volte non riesco a darmi delle risposte col pensiero, o con la voce, mi riesce molto meglio con i fumetti.

Il personaggio che decide dove vanno le anime è un mostro, perché incute timore pensare che c’è qualcosa di grande che controlla la tua vita e il tuo futuro sulla terra.

Il controllo dell’essere umano dipende dalla mostruosità
Sì, da un caos. E tirannica la cosa, la vedo così.

I tuoi personaggi però sovvertono le regole
Sì, nell’aldilà ci sono delle anime che ricordano il loro passato da esseri umani ma nel momento in cui scendono sulla terra e entrano in un corpo non si ricordano di essere state anime. Due decidono di rincontrarsi nella vita successiva e lo fanno attraverso un segno distintivo sul petto. Una delle due si disegna questa croce e dice all’altra: “Quando nella prossima vita incontrerai una persona con una croce sul cuore ti ricorderai di me, di essere stata qui e che c’eravamo fatti questa promessa”.

Nelle tue vignette e in questa graphic novel il tema dell’amore è portante, quanto c’è di autobiografico?
A questo giro – in Croce sul cuore – ho inventato la storia. Nel mio primo libro invece parlavo della fine di una relazione che avevo vissuto veramente.

Cerco sempre, anche per rispettare l’altra persona, di non parlare così esplicitamente di cose che mi sono successe davvero dal punto di vista delle relazioni.

Per tutte le altre cose: ad esempio il festino che racconto nel libro, è veramente successo, “la ragazza ramarro” esiste sul serio, quel bar descritto è veramente un bar di Bologna dove ieri sera ero a ubriacarmi… 

Tu vivi a Bologna che effetto ha sul tuo lavoro questa città, visto che appare molto nei tuoi disegni?
È una città dove sarei sempre voluto andare, però viverci da solo è complicato. C’è una canzone dei Rovere che si intitola Soli come a Bologna che descrive esattamente questa sensazione, quindi probabilmente non sono l’unico a pensarlo.

A Bologna secondo me se ci vivi con “la balotta” o con dei coinquilini trovi un modo per scampartela. Se ti ci ritrovi da solo è difficile.

Io poi non ho mai cucinato, lavato i piatti, pulito a terra, fatto una lavatrice, non sapevo fare nulla di tutto ciò, infatti casa mia è un macello. Mi ha salvato per un periodo Fumettibrutti che è venuta a stare da me per qualche mese.

Il miglior amico di Wallie è un lupo, come l’amico armadillo di Zerocalcare: è una citazione immagino
Ho rubato a lui questa cosa. Quando gli ho portato il mio primo libro gli ho proprio detto “fra’, sappi che questo è proprio un plagio palese a tutto il tuo lavoro”. Lui mi ha risposto di stare tranquillo che anche lui aveva rubato molto nel suo lavoro. 

Ho scelto gli animali perché sono bravo a disegnare quelli, piuttosto che le persone.

Il mio miglior amico poi è un lupo perché ha tutta una sua teoria su questo animale, dice sempre che è uno che prende forza dal branco però è forte anche da solo. È il suo animale preferito e se l’è anche tatuato sulla la schiena.

Wallie è un personaggio riflessivo e che non ha paura di raccontare la tristezza. Lo usi come capro espiatorio?
È una terapia proprio, un modo per superare la tristezza. Era l’unica cosa che riuscivo a fare in quei momenti – parallelamente a quella da fumettista io ho un’attività di illustratore dove lavoro su commissione – e non avevo voglia di fare altro. Disegnare Croce sul cuore o le vignette per Instagram erano le uniche cose che mi riuscivano, perché era terapeutico lavorarci.

Succede che butto il mio dolore lì dentro, lo do a qualcuno che se lo legge: mi mette i cuoricini e mi dà dell’affetto, mi fanno i complimenti, mi dicono che mi capiscono e io mi sento meglio.

Wallie intervista

Io mi sento di essere completamente fuori da questo mondo, mi dicono che sono uscito dall’Ottocento, sono troppo romantico.

Wallie

Wallie senza i social sarebbe esistito?
Sì, però sarebbe stato diverso.

Cioè? Immaginati Wallie senza Instagram
Che bello! Il personaggio ci sarebbe lo stesso, io mi sarei comunque raccontato a fumetti ma il tipo di vignette non sarebbe uscito così, anche solo graficamente sarebbe stato diverso. Instagram ti impone di utilizzare uno schema quadrato, in cui ogni immagine del post deve essere una vignetta, perché se metti più vignette in un solo post devi scrivere più piccolo e poi non si legge nulla. Ci sono una serie di schemi prestabiliti e limitanti. Senza sarebbe stato diverso ma ci sarebbe stato comunque.

Il mondo del fumetto e dell’illustrazione si è spostato sul web: tu e i tuoi colleghi Fumettibrutti, La Badessa, ecc… lo usate come strumento di lavoro e di espressione
Per noi fumettisti è stata una grande cosa potersi esprimere col web. Fino a vent’anni fa non c’erano graphic novel nelle librerie: era difficile da trovare proprio il reparto, adesso vai e trovi tutto. Molto lo dobbiamo al web e ai primi blogger come Zerocalcare e Makkox, poi successivamente con il boom di Instagram ci siamo spostati lì. Per me e gli altri è una grande fortuna, io senza non sarei qui a presentare il mio libro.

Hai degli hater? Come ti vivi il loro giudizio?
Qualche stronzo ci sta sempre, proprio statisticamente però in realtà i follower mi vogliono bene e ci scriviamo molto. A volte mi mandano dei messaggi enormi in cui io o non rispondo proprio perché è brutto che mando solo un cuore, oppure rispondo in maniera molto breve e ci metto un cuoricino alla fine e mi sento un po’ uno schifo.

Che ti scrivono?
Ma guarda ieri per esempio c’era una ragazza che si è messa a piangere e mi ha detto delle cose assurde, altri mi hanno scritto un bigliettino. C’è molta empatia, è bella questa cosa. Ho qualche hater ma in realtà è molto raro, ogni tanto qualcuno mi scrive qualcosa di brutto in direct message e io semplicemente lo ignoro.

Nella quarta di copertina Fumettibrutti scrive: “Wallie ha il cuore che vorrei avere”, questa storia del maschio sensibile e non più alfa è il trend del nuovo ventennio, ti senti sollevato?
Che cosa adorabile! Perché non sono per niente maschio alfa, – ride, ndr – vero? Sì mi sento molto sollevato.

Io mi sento di essere completamente fuori da questo mondo, mi dicono che sono uscito dall’Ottocento, sono troppo romantico.

Me ne sto rendendo conto in questo periodo, me l’ha detta il mio psicologo questa cosa. Secondo me sto un po’ fuori dal tempo. Rispetto al passato si è perso molto il machismo tossico che hanno avuto le generazioni precedenti, adesso siamo sicuramente messi meglio.

Come riesci a parlare con così tanta libertà delle tue emozioni? 
Mi sono accorto che più parlavo delle mie emozioni e le raccontavo più ero vicino alle persone, questa cosa mi ha dato forza e sono arrivato a un punto in cui non mi importa più nascondere le cose.

Per esempio ieri c’era mia mamma alla presentazione di Bologna dove io parlavo di droga e di come la polizia ha fatto irruzione in casa mia durante un festino e ogni tanto mi interrompevo e dicevo ‘scusa mamma’, ma non mi faccio più problemi.

Se dovessi fare una graphic novel senza Wallie, chi disegneresti?
Tutti i fumettisti tendono a rappresentare loro stessi. Anche Gipi fa sempre dei personaggi che hanno il naso a punta e le orecchie grandi quindi comunque farei un personaggio che mi somiglia, anche se non sono io.

Non lo so, io vorrei scrivere una storia post apocalittica prima o poi, mi piace come tematica. Basta parlare sempre di sé stessi, a un certo punto la smetterò.

Mi racconti come funziona il tuo processo creativo, come nascono le illustrazioni?
In due modi: o voglio sfogarmi e tirare fuori un pensiero che mi sta frollando il cervello da tutto il giorno oppure c’è Feltrinelli che mi chiama e mi dice ‘Ehi, vuoi fare un libro con noi?’ In entrambi i casi mi sdraio sul letto e comincio a fare dei viaggi mentali. Come quando sei sul letto e ti stai per addormentare e pensi a come sarebbe andata se avessi risposto in un altro modo alla tua ex. Mi escono o cose che voglio mettere su Instagram oppure che voglio mettere sul libro, me le segno sull’iPad e mi metto a disegnare. Di solito disegno di notte perché soffro d’insogna, la mattina la odio. Dovrebbero rendere illegale la mattina.

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