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Cultura

Salire a compromessi

di Mariavittoria Salucci

23.11.2020

Capire le non-monogamie
etiche con l'attivista
@Polycarenze

Tempo di lettura 19'

Car è una giovane attivista di Torino che oggi si definisce queer, kinkster, poliamorosa, femminista, vegana, omoflessibile e biromantica.

Tutte etichette che farebbero drizzare i capelli al cinquantenne populista cattolico medio e infatti la sua biografia di Instagram inizia così: il tuo incubo peggiore.

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Grafica di copertina © Mariavittoria Salucci

La monogamia è considerata l'unico orientamento relazionale valido, e il resto non dovrebbe esistere. Così mi sentivo sbagliata, perché tutt* mi inducevano a pensare che io dovessi scegliere.

Polycarenze

Molte persone in Italia criticano l'uso cospicuo di etichette nella comunità queer. Tu che cosa ne pensi, quanto sono importanti le parole?
Io sono molto favorevole alle etichette, perché sono descrittive e non prescrittive. L'etichetta serve a orientarsi quando sei una persona appartenente a una minoranza, sia di tipo politico che sociale. Quindi attualmente è importante che si creino etichette sempre più specifiche, soprattutto per le nuove generazioni. Oggi è comune che un* ragazz* di 14 anni abbia chiaro il suo orientamento sessuale, molto di più di quanto accadeva vent'anni fa, quando magari una persona arrivava a 40 anni senza saperlo.
Nel momento in cui si capisce che la lingua è un prodotto culturale in continuo cambiamento, è importante puntare su un linguaggio inclusivo. Tendiamo a etichettare tutto, per curiosità, per ordine mentale, per natura, non so dare un significato antropologico di ciò, però sembra che etichettare o comunque dare una definizione sia problematico per la società solo quando riguarda il mondo queer.
Le etichette aiutano a orientarsi all'interno di una comunità, ma anche e soprattutto per dare rilevanza personale e politica a ogni persona. È una questione di auto-determinazione che serve a dire io esisto, sono in questo mondo, valgo, i miei diritti devono essere riconosciuti.

Parlando di autodeterminazione, che cosa ti ha aiutata nella tua autodefinizione? Come sei arrivata a dire io sono questo?
Il mio percorso con le tematiche queer è iniziato quando avevo 15 anni. Se parliamo in particolare di poliamore, che è l'etichetta che rivendico con più forza, da adolescente ho avuto diverse relazioni monogame. Sempre più spesso all'interno di queste relazioni mi è capitato di innamorami di più persone contemporaneamente, però nessuno mi aveva dato un'alternativa alla mono-normatività vigente.
La monogamia è considerata l'unico orientamento relazionale valido, e il resto non dovrebbe esistere.
Così mi sentivo sbagliata, perché tutt* mi inducevano a pensare che io dovessi scegliere. Dopo una serie di esperienze personali sul tradimento ho iniziato a intraprendere un percorso di informazione. La ricerca sul poliamore non è stata semplice all'inizio, perché 6-7 anni fa gli strumenti a disposizione erano davvero limitati. Il numero di articoli era irrisorio rispetto a ciò che si può trovare adesso su Internet. Non c'erano neanche tropp* attivist*, soprattutto in Italia.
La mia queerness è sempre stata abbastanza presente, ma la consapevolezza vera e propria l'ho acquistata grazie ai collettivi studenteschi, dopo il liceo. Poi da lì si è formata una rete sia con altri collettivi, ma anche con l'associazionismo, principalmente Arcigay Torino, e c'è voluto poco per passare all'attivismo.

Come hai deciso di diventare attivista (anche) su Instagram e perché pensi che sia utile?
Io ho subito più tipi di discriminazioni nel momento in cui mi sono dichiarata poliamorosa. Quando durante le superiori sono stati scoperti i miei "tradimenti", ho subito un forte slut-shaming, nonché cyberbullismo. Questo ha fatto crescere in me una grande consapevolezza transfemminista.
Sono arrivata al progetto @Polycarenze come una mia esigenza di parlare da ragazza giovane alle persone giovani di un argomento che a livello mediatico era affrontato davvero poco, se non in modo scarso o con termini errati. Molte interviste e articoli sul poliamore erano scritti da persone monogame, senza esperienze dirette. C'erano tante pagine che parlavano di queerness ma che non affrontavano le microetichette della comunità.
E allora ho detto: voglio farlo io.
Scrivevo storie e racconti LGBT+ su Wattpad e mi arrivavano molte domande sul mondo poli, spesso giudicanti; così ho deciso di aprire un canale apposito per rispondere ai dubbi e per possedere io stessa la narrativa in quanto persona poliamorosa.
Credo sia molto utile fare questo tipo di lavoro su Instagram, perché comunque la quarta ondata transfemminista avviene maggiormente online e le istanze dei grandi movimenti vengono diffusi anche attraverso i social, perché hanno una velocità di trasmissione maggiore, e riescono a raggiungere più persone.
È soddisfacente ricevere i feedback delle persone. Mi arrivano molti messaggi in cui alcun* mi raccontano di aver capito di essere poliamoros* grazie a me. Si riesce a fare qualcosa anche nel piccolo. L'obiettivo principale di Polycarenze è formare una rete tra var* attivist* che si occupano di tematiche queer, collaborare insieme per far sì che anche il poliamore rientri sempre di più tra queste, che venga trattato a livello di associazionismo o nei collettivi, e infatti ho portato avanti più collaborazioni. Fare rete è fondamentale, anche per evitare di fare discriminazioni interne alla stessa comunità.

Prima di approfondire le discriminazioni e i pregiudizi sul poliamore, ti andrebbe di fare una panoramica delle non-monogamie etiche?

Con non-monogamie etiche si intendono tutti quegli orientamenti relazionali che consistono nell'avere più relazioni intime con più persone contemporaneamente, con il consenso di tutte le persone coinvolte.

Parlo di relazioni intime, e non di relazioni romantiche o sessuali, perché possono esserci persone poliamorose asessuali, o aromantiche, e questo potrebbe sembrare un controsenso, ma le tipologie di attrazione che una persona può provare sono molteplici: romantica, sessuale, platonica, estetica, alterous. Ce ne sono tantissime!
E questo significa anche che il termine non-monogamia etica diventa molto spazioso. È un termine ombrello sotto cui un giorno magari si creeranno delle nuove microetichette per definire, ad esempio, chi prova soltanto relazioni platoniche per più persone.
Oggi, parlando di non-monogamie etiche, troviamo: il poliamore, le relazioni aperte, lo scambismo e l'anarchia relazionale. Ovviamente ci sono sfumature tra ognuna di queste e ogni persona può vivere la sua etichetta in modo differente.
Il termine poliamore è spesso usato come sinonimo di non-monogamie etiche per una questione di visibilità politica, è come usare la categoria bisessuale al posto di non-monosessuale, anche se poi sappiamo che ci sono sfumature con la pansessualità, la polisessualità e così via.

E per quanto riguarda relazioni aperte, scambismo e anarchia relazionale?
In una relazione aperta è coinvolto maggiormente l'aspetto sessuale rispetto agli altri tipi di attrazione. Quindi generalmente due persone hanno una relazione primaria e assieme decidono di avere rapporti sessuali con altre persone, ma senza avere rapporti di tipo romantico.

Lo scambismo è effettivamente una non-monogamia etica, perché c'è un accordo tra le parti quando giocano e scambiano partner all'interno di locali (o in altri contesti). Basta che ci sia il consenso e tante altre pratiche o dinamiche di gioco possono rientrare in questa categoria.

L'anarchia relazionale, invece, è un'altra forma di non-monogamia etica in cui cadono tutte le etichette descrittive e prescrittive. Anzi, per dirla meglio, le persone anarchiche-relazionali sono proprio contro il concetto di etichetta nel momento in cui la descrizione diventa prescrizione. È una filosofia a cui mi appoggio molto spesso, anche io ho delle relazioni che considero anarchiche-relazionali. Generalmente cadono alcuni termini come fidanzato, ragazza, scopamico – partendo dal concetto che se io sono amica con una persona e ci vado a letto, non è che poi non ci sono più amica e diventa qualcos'altro. Il fatto che possa diventare qualcos'altro si basa sul concetto di evoluzione della relazione, sulla scala mobile relazionale. In generale possiamo dire che il termine più inclusivo da utilizzare per indicare altre persone, a prescindere dal rapporto o dall'interazione che si ha, è partner.

La differenza tra anarchia relazionale e poliamore è molto sottile. Una relazione poliamorosa non gerarchica (nel senso che non c'è una coppia primaria, ma tutte le relazioni sono sullo stesso piano) è molto simile all'anarchia relazionale, si tratta spesso di una questione politica e, come già accennavo, di autodeterminazione.

Come si stabilisce il consenso in una relazione poliamorosa? Quali sono gli step per decretare un accordo?
Sicuramente si cerca di avere una comunicazione il più possibile assertiva, che lasci spazio alle istanze di ognuno e dove ogni persona possa sentirsi libera di porre i propri limiti. Nel momento in cui io metto "a tavolino" quali sono i miei limiti e che cosa desidero da questa relazione, e anche l'altra persona fa lo stesso, allora a me piace dire che si sale a compromessi. Perché la scesa a compromessi, invece, ti porta a ragionare e a cedere per arrivare a un accordo. Salire a compromessi è un modo per trovare qualcosa che vada bene a tutte le persone coinvolte e che lasci spazio a tutte le relazioni possibili. E poi piano piano si vede come si va e si fa un check-up. Sembrerebbe una dinamica molto meccanica e tecnica, ma non lo è. È qualcosa che comunque dovrebbe avvenire anche nelle relazioni monogame: sedersi un* di fronte all'altr* e chiedere come ti stai trovando significa anche maturità.

Siamo tutt* prodotti della società e tra le norme relazionali che ci sono state tramandate, e che abbiamo interiorizzato, c'è anche la gelosia. Come si gestisce nelle relazioni poliamorose?

Le persone poliamorose possono provare gelosia; non è prerogativa del poliamore non provarla. Spesso gelosia e invidia vanno di pari passo, perché sono entrambi effetti della cultura del possesso.

Di conseguenza è importante fare una distinzione. Da un lato può esserci una sensazione che arriva da me, da una mia insicurezza o da una mia esperienza passata, che poi mi porta a essere scettica per le relazioni anche dell'altr* partner. Dall'altro c'è il riversare e sfogare la gelosia sulle altre persone senza razionalizzarla, senza chiedersi da dove e perché arrivino queste sensazioni.
Anche io ho provato gelosia. Ad esempio adesso il mio "partner di nido", ovvero la persona con cui attualmente convivo, ha iniziato una nuova relazione ed è la prima volta che si interfaccia con una realtà del genere, perché tra i due, finora, ero io la persona che aveva più relazioni. Quindi è normale avere delle paure e delle insicurezze per gli/le altr* partner (ovvero partner del partner, che si definisce meta-partner).

intervista a Polycarenze foto moodboard Luca Rotondo

Di per sé non ho nulla contro la monogamia. Il problema è la mononormatività che fa credere che la monogamia sia l'unico orientamento relazionale valido, degno di diritti e di rappresentazione.

Polycarenze

Che tipo di rapporto si può avere con i/le metapartner?

A me piace usare l'espressione pizza e ca**i. Nel senso che c'è chi desidera fare una pizzata tutti insieme e chi invece preferisce farsi i ca**i propri.

Non bisogna essere costretti a essere pizza, ovvero nessuno può obbligarmi ad avere un rapporto di amicizia con i/le metapartner. Io ad esempio nella mia polecola sono abbastanza pizza, ho un buon rapporto con tutt* metapartner.

Ok ora voglio capire che cos'è una polecola!

Una polecola è una molecola poliamorosa, come se fosse uno schemino ideale che spiega le relazioni tra partner e meta-partner di tutt*.

E, invece, trovo molto interessante l'utilizzo del concetto di eticità. In che contesto una non-monogamia non è etica?
Sicuramente non è etica la one penis policy (o la one vagina policy), ovvero quando una persona impone all'altra di poter avere rapporti solo con determinate categorie di persone, escludendone altre. Facciamo l'esempio di una relazione poliamorosa tra un uomo etero e una donna bisessuale. Può capitare che l'uomo etero imponga alla donna di poter avere rapporti solo con donne, perché a lui non sta bene che lei vada con altri uomini per una serie di motivi, che ne so, magari non vuole che si facciano confronti. In questo caso si crea una dinamica di potere che non è propriamente consensuale, quindi non è etica. Ed è anche per questo che io preferisco che si parli di accordi più che di regole.

La regola spesso sfocia nel veto e una delle due parti prende potere e decide per la coppia. Alla base del poliamore c'è il rispetto del consenso di tutt*.

Direi che ora possiamo parlare degli stereotipi peggiori sul poliamore. Quali sono?
Su Facebook avevo pubblicato le 9 cose da non dire a una persona poliamorosa. Tra questi c'è chi è convinto che le persone poliamorose non sappiano amare davvero, o che il poliamore sia soltanto un tradimento legalizzato.

Tra gli stereotipi ovviamente ci sono anche quelli tipicamente di genere: se una donna è poliamorosa allora è in automatico tr*ia, se un uomo è poliamoroso gli si fanno i complimenti e si rinnova il cliché dell'uomo stallone performante.

Il peggiore di sicuro è chissà quante malattie ti prendi tra orge e threesome.

Ci sono pregiudizi all'interno della stessa categoria di non-monogamie etiche?
Qualcosa sì, soprattutto quando ci sono delle incomprensioni tra attivist*. Uno dei temi più caldi di cui discutiamo è la monogamia è naturale o no?.
È importante non farsi condizionare da queste cose perché siamo noi che stiamo costruendo da sol* la nostra comunità. È normale per una piccola comunità sbagliare o avere incomprensioni. Lo stesso sta accadendo nella comunità BDSM e in quella asessuale. È un lungo lavoro di costruzione identitaria e decostruzione degli stereotipi. Il poliamore non è difficile in quanto poliamore, ma è difficile in una società che continua a imporre gerarchie e paletti. Ci sono difficoltà di espressione anche al livello della stessa comunità.
E, per rispondere alla domanda, sì esistono criticità tra poliamorosi e anarchici relazionali, tra poliamorosi gerarchici e non gerarchici. C'è chi utilizza termini obsoleti come poligamia, e chi rifiuta le gerarchie. Però non li chiamerei pregiudizi, sono proprio incomprensioni.

Hai citato il concetto di naturalità. Noi viviamo in una società eteronormata, patriarcale, monogama e amatonormata che cerca di rimanere tale proprio appellandosi al concetto di Natura. Quando la teoria femminista ha iniziato a definire il genere come costrutto sociale, allora sono proliferate "nuove" identità nello spazio pubblico. Molt* studios* definiscono un costrutto sociale anche la monogamia. Secondo te?
Ci sarebbero tre piani da considerare: la mia opinione personale, la riflessione che si fa all'interno della mia comunità e poi, soprattutto, le ripercussioni che questo avrebbe sulla nostra percezione delle relazioni. Secondo me quest'ultimo punto è il più interessante, perché c'è da capire come e se questo costrutto altera la validità di una relazione. Quello che intendo dire è che, una volta che si decreta che la monogamia è un costrutto sociale, che cosa cambia? Si va da una coppia monogama a dire che quella relazione non è valida? No.
Ne ho parlato recentemente con una mia amica monogama, perché si è sentita dire ah ma quando proverai il poliamore cambierai idea. Questa frase è molto problematica. Poliamore e monogamia sono orientamenti relazionali. Come lesbismo, eterosessualità, asessualità o bisessualità sono orientamenti sessuali. Quindi una frase così lede l'autodeterminazione di una persona, è come dire a una lesbica eh ma quando troverai quello giusto tornerai etero.

Io posso studiare e cercare di capire quanto la monogamia sia un costrutto sociale, ma di per sé non ho nulla contro la monogamia. Il problema è la mononormatività che fa credere che la monogamia sia l'unico orientamento relazionale valido, degno di diritti e di rappresentazione.

Ciò che mi importa è che siano riconosciuti gli altri orientamenti relazionali e che possano godere di rappresentazione sociale, politica e legale.

Di sicuro la mancanza di rappresentazione gioca un ruolo nell'accettazione del poliamore. Spesso nei film o nelle serie-tv le non-monogamie etiche sono presentate come delle fasi, un qualcosa di passaggio che può aiutare la relazione monogama (e solitamente etero). Hai mai visto una rappresentazione corretta nella cultura mainstream?
La narrazione standard mediatica delle non-monogamie etiche è terribile. Un po' mi sento anche di giustificarlo, perché siamo all'inizio. Ancora oggi ci sono notevoli problematiche di rappresentazione delle soggettività queer all'interno delle serie-tv e dei film, figuriamoci delle non-monogamie! Però ci sono esempi positivi.
Una molto positiva è She's gotta have it (2017, Netflix), in cui c'è una donna nera indipendente, femminista e artista che è polisolista: ha relazioni non-monogame svincolate, non desidera la convivenza né interazioni troppo specifiche. Rifiuta effettivamente tutti i tentativi di gerarchia da parte dei partner. Il polisolismo è una sfumatura autodeterminante dell'anarchia relazionale.
Un'altra rappresentazione che mi è piaciuta è la terza stagione di Élite (2018, Netflix), anche se non ha un grande epilogo c'è una triade molto interessante. E la parte che mi ha colpita maggiormente è quando Polo si confronta con le madri, due donne lesbiche, che non accettano il poliamore. E quindi parla anche della stigmatizzazione all'interno della stessa comunità queer.
Ora, invece, sto guardando Sense8 (2015, Netflix), non l'ho ancora finita, ma anche qui ci sono diversi momenti di condivisione poliamorosa.
Di controparte poi ci sono altre rappresentazioni che a mio avviso andrebbero completamente cancellate, come le serie Wanderlust (2018, Netflix) e You Me Her (2016, Netflix), dove si ripete sempre la stessa dinamica. Solitamente c'è una relazione monogama in cui le persone sono adulte con problemi sessuali, e pensano bene che la soluzione sia quella di aprire la coppia e diventare poli. Così si aprono nuove discussioni, perché in realtà non erano pront* ad affrontare questo percorso.

Rimanendo in ambito pop, anche nella seconda stagione di The Politician (2019, Netflix) c'è Judith Light che interpreta Dede Standish, una politica poliamorosa che è in una throuple. Nella serie, da un punto di vista giuridico, lei è sposata solo con uno dei due. È possibile che una regolamentazione legale possa aiutare a normalizzare la non-monogamia? O credi che creerebbe soltanto dibattiti tra le tipologie di non-monogamie?
Questo è già un altro grande dibattito all'interno delle non-monogamie etiche.
Se io fossi un'anarchica relazionale direi che la regolamentazione non è proprio d'aiuto. Il matrimonio è la massima rappresentazione dell'etero-cis-mono-normatività. Non avrebbe senso riprodurre gli schemi mononormati all'interno di una relazione che punta alla libertà individuale (ma allo stesso tempo anche a una libertà collettiva con il consenso delle persone).
Invece, personalmente, per quanto mi riguarda potrei essere d'accordo, ma non tanto per il matrimonio in sé, ma per il diritto alla salute che ne deriva, cosa che, ad esempio, è già avvenuta in una città nello Stato del Massachusetts. Un riconoscimento giuridico aiuterebbe tantissimo anche nella rappresentazione, quindi nel riconoscimento di una conclamata esistenza da parte di organi statali. Non è comunque facile, specie se ci sono minori di mezzo, perché significherebbe alterare l'istituzione della famiglia per come è stata vista fino a oggi.
Sarebbe una grande conquista parlando di diritti, ma non credo che saremo qui io e te per vederla.


Di sicuro però possiamo vedere la rete online, e anche offline, che hai contribuito a creare con il progetto Polycarenze. Lo sappiamo bene tutt* che per decostruire tabù e stereotipi la soluzione migliore è fare informazione e discuterne insieme. Quindi grazie per averne parlato e per continuare a parlarne.
Grazie a voi!

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