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Musica

Prima la musica

di Carlo Pastore
16.07.2018

Cosmo: comunicazione, musica,
clubbing, droga, marxismo,
poteri forti, Salvini e Fusaro

Tempo di lettura 10'

Raggiungo al telefono Cosmo, l'artista, in un momento in cui è Marco, il papà. Sono due facce di una medaglia che è complicato scindere, e due spesso sono le forze opposte che agitano questo songwriter e producer, dj e vocalist, autore e performer.

Lo sento sereno, accompagnato dal fruscio dell'erba, reduce dal grande successo dell'evento di qualche giorno prima a Napoli in compagnia di Elisa e Marracash, una delle incredibili tappe di un percorso che lo ha visto trasformare gli ostacoli in trampolini di lancio.

Classe 1982, di Ivrea, un passato da professore in un istituto tecnico e una band – i Drink To Me – con quattro dischi alle spalle. Partito nel 2013 con tre cover di Battiato e Battisti, in cinque anni Cosmo è diventato un progetto caleidoscopico in grado di arrivare prepotentemente al pubblico grazie a canzoni molto belle, video potenti, suoni bizzarri per il pop italiano e una narrazione inedita. Tre dischi: Disordine, L'ultima festa e Cosmotronic.

Ho conosciuto tanti artisti mainstream italiani: molti bravi a parlare di comunicazione, musica e anche politica, quasi nessuno però che si permettesse una tale libertà nell'affrontare temi come clubbing, droga, marxismo, poteri forti, Salvini e Fusaro.

Foto © Vito Maria Grattacaso / LUZ

A me piace quell'attitudine lì. Essere capaci di fare cazzate, senza aver paura.

Cosmo

Sei al parco dunque
Hey! Sono qui con un altro Carlo, alto 1 metro e pesa 16 kg, un po' pazzo.

Che bellezza
Sono qui con lui... (si rivolge a Carlo, suo figlio, ndr). Stai bravo, mi raccomando, papà deve stare un po' al telefono.

Prima di questa intervista volevo vedere che approccio avessi nel raccontare questo tuo bel momento. Così ho aperto il tuo Instagram e, però, non ho resistito: sono andato a controllare il tuo primo post di sempre. Anno 2013
Sui social sono sempre arrivato tardi. Però dai, 2013 non è così male. Da segnalare che non l'ho cancellato, come fanno tanti, come va di moda ora: disco nuovo, pulisci. Ho lasciato tutto.

Mi ha fatto impressione il copy di quel post: “Il mio discorso di omologazione sta per concludersi”. Era come se sentissi il bisogno di giustificarti, di accettare che di questa materia è fatta la contemporaneità
In effetti è così. Ogni volta che mi sono iscritto ad un social è stato un po' strano. MySpace, ad esempio, l'avevo fatto per la musica. Facebook lo stesso. Con i Drink To Me, la mia band precedente, facevo gestire la pagina a Francesco; poi mi sono accorto che continuare a chiedergli di postare questo o quest'altro era una semplice perdita di tempo, così mi sono fatto un account mio. Quando ho fatto Instagram non sapevo bene a cosa mi potesse servire; qualcuno mi disse che era una figata. Mi piaceva che fosse molto visivo, fatto di sole foto. Oggi lo uso per la musica, come sempre. Non ci racconto i miei fatti personali.

La frase mi aveva colpito perché aveva a che fare con il brodo culturale dell'epoca (cinque anni fa in realtà): vigeva ancora la vaga concezione che l'artista che andasse a esporsi sui social in qualche maniera stesse sporcando l'autenticità della propria arte
Le generazione di oggi invece non la problematizza affatto, per loro è il contrario. A volte agiscono prima sul social che sulla produzione musicale. Gente con milioni di foto che si presenta come producer, ma che in realtà non ha mai pubblicato neanche una traccia. Assurdo.

Hai un'ottima reputation su Internet, pochi haters. Come mai?
Non lo so, forse ormai è da sfigati fare l'hater. O forse è perché metto al centro la musica nella maniera meno scontata possibile. Sono riuscito a far passare il messaggio che prima venga quella, poi tutto il resto. In più sto avendo una crescita organica: non ho mai fatto il botto, sono in salita da due o tre anni, ma sempre in maniera graduale. Non è successo che da un giorno all'altro mi prendessi classifiche di vendita e poi classifiche radio. Chi entra in contatto con me lo fa per il passaparola, per il sentito dire.

 

Penso che un Tommaso Paradiso soffra più di hating di me, perché gioca su certi immaginari su cui alcune persone si schiantano.
 

So che rivendichi la centralità della musica, ma ormai sei un personaggio pop e dunque volevo continuare a discutere con te del tuo approccio comunicativo. Nel tour di Cosmotronic hai fatto una scelta speculare al consueto: se tutti postano foto del club pieno, tu invece posti lo sparuto gruppo di fan che resiste fino a mattina dopo i dj set
In realtà ne ho messe un paio, Fabrique a Milano e OGR a Torino pieni, ma non mi interessava sboronare. Stando sul palco a fare il vocalist con i miei soci di Ivreatronic, venivo tartassato di richieste di foto. Così ho detto: aspetta, le farò solo con chi rimane fino all'ultimo. Mi piaceva premiare chi veramente rimanesse a farsi tutta la serata; ecco perché sono uscite solo immagini di gente sfatta con locale mezzo vuoto (ride,ndr). È stata una cosa abbastanza random, non c'è una grande strategia dietro.

Hai detto che nei social non vuoi raccontare molto di te, però il video di Quando ho incontrato te è estremamente personale. La protagonista è tua moglie, vero?
Certo, ci sono anche i miei figli. Se devo esprimermi e raccontare i cazzi miei, voglio farlo dentro la mia arte. In un mio video, o una mia canzone; non nella prosa noiosa di un social. Posso mettermi completamente a nudo in un testo, ma sui social non ti faccio vedere niente della mia vita privata.

Vedo un percorso per cui hai deciso di passare alla fase due del tuo immaginario: da party harder quasi aggressivo a padre di famiglia. E' così?
Più che seconda fase, è un secondo aspetto. Ne Le Voci, un pezzo de L'ultima festadel 2016, dicevo: “Passo giornate a suonare / Ogni tanto vedo gli amici / Non vado nemmeno più in bici: ho la gomma a terra da sei mesi / Vorrei portarci in giro i miei figli”. Nel video di quel pezzo ci sono io che vado in giro con Gioacchino Turù, tutti marci, e poi limono mia moglie. Sono miei argomenti da sempre. A seconda della canzone, con il regista Jacopo Farina lavoriamo sull'immaginario. In Quando ho incontrato te ha approfondito quell'aspetto, che ci tengo a far convivere con gli altri.

Ho letto e ascoltato molte delle tue interviste dell'ultimo periodo. Sei stato abbracciato fortemente dalle radio milanesi
È vero, ho anche sfilato per Dolce e Gabbana (Ridiamo, ndr).

Ogni tanto mi sembra strano vederti lì. Tu che usi parole come “possibilità espressive” o “narrazione” in contesti poco ricettivi
Ho deciso di strasbattermene dei contesti. Ho suonato Le Voci con Marracash ed Elisa, facendo tutta la parte centrale strumentale e fregandomene di chi avevo davanti, gente che probabilmente non ha capito. Ho pestato durissimo.

 

Penso che se voglio sopravvivere devo convincerli che sono una scheggia impazzita e faccio quello che voglio. Non devo adeguarmi, anche se è chiaro che se la domanda è superficiale la risposta è di conseguenza.
 

Molti media con cui sono stato in contatto negli ultimi anni non hanno alcuna idea del clubbing, perciò capisci la mia difficoltà nell'esprimermi. Questa mia cosa però mi ha permesso di interessare i giornalisti: “Che strano questo Cosmo”.

Ti sei scelto un ruolo
Un ruolo che mi lascia libero. Io sono convinto che il clubbing abbia un enorme potenziale pop. Si vuole mantenere una dimensione underground, per pochi, per specialisti. Molta gente invece potrebbe goderla da paura. La parola chiave è godere.

Però fatti dire una cosa: sei un songwriter di immenso talento, sai scrivere canzoni bellissime, ma la parte più debole della tua produzione, secondo me, è proprio quella “clubbing”
Sono il primo a saperlo. È così. Però uno deve iniziare da qualche parte. Questo è l'inizio di un esperimento sulla produzione che voglio fare. Sarei un idiota a pensare di essere un produttore elettronico della madonna. Gioco, come ho sempre fatto. Gente come Bawrut (dj e producer di Gorizia ora di stanza a Madrid, ndr) è maestra per me. Come numeri non siamo paragonabili, ma capisco e vedo dove sono veramente capaci. Io sto imparando.

È strano, ma altrettanto affascinante, che tu stia imparando di fronte a migliaia di persone. Stai imparando con loro
Per me l'esempio è Kanye West. Il suo atteggiamento è la mia stella polare. Ha fatto e disfatto un disco in pubblico.

 

Ha fatto cose da fuori di melone: a me piace quell'attitudine lì. Essere capaci di fare cazzate, senza aver paura. Uno non sa mai cosa aspettarsi. Voglio ritagliarmi uno spazio oltre la scrittura di canzoni: non ho voglia di fare solo quello. Voglio essere libero di fare errori e imparare di fronte alla gente.
 

Cosa stai ascoltando ultimamente? Kanye ha giusto pubblicato qualcosina
Sto ascoltando Drake. Ma in realtà sono impegnatissimo e non ho avuto molto tempo di allinearmi. In generale spulcio sempre Fact Magazine e Crack Magazine. E poi Instagram, che ormai mi mette in alto solo le cose che mi interessano.

Secondo te devi qualcosa, da un punto di vista di continuità storica, ai Subsonica?
Non avendoli mai ascoltati, direi di no, però capisco che dal fuori possa intravedersi una comunanza da un punto di vista geografico e musicale. Però a livello di traiettoria ci siamo solo sfiorati: siamo di generazioni diverse, io lavoro da solo. Credo che fra qualche anno si vedrà più chiaramente qual è la nostra differenza.

Come sta andando Ivreatronic? Avete aperto l'etichetta
Abbiamo pubblicato il primo vinile di Fabio Fabio, Bawrut ha suonato il pezzo per la prima volta al Sonar. È una figata, mi piace un sacco, appena finisce il tour voglio dedicarmici a pieno. Le feste a Ivrea sono sempre bellissime, c'è una grande atmosfera.

Raccontami un po' delle feste
Le facciamo in una vineria abbastanza posh di un nostro amico, che ha un basement in cui abbiamo visto del potenziale. Ci mettiamo un bell'impianto e facciamo un bell'allestimento: volevo che la gente arrivasse e sentisse le sberle in faccia, che non fosse una cosa cheap. Ci mettiamo un sacco di piante in stile tropicale, in mezzo a queste botte di rovere giganti. Dopo la prima sera abbiamo capito che c'era una spazio di manovra musicale enorme: mi sono trovato a mettere cose techno gelide senza svuotare. Si è creata una magia per cui alla fine puoi andare selvaggio.

Parliamo di Ivrea. Qualche tempo fa l'avevi descritta come “un cimitero di città”. Mi sembra invece tornata sulla mappa, recentemente è addirittura diventata patrimonio dell'Unesco
È un territorio che, da Olivetti ad oggi, qualche strascico positivo ce l'ha ancora. Non so in che cosa però. In una città di provincia non è scontato che la gente sostenga una serata come la nostra di Ivreatronic, anche se ci sono io che faccio da altoparlante, me ne rendo conto. È che la gente si prende bene, questo è un segnale.

A livello politico c'è stata prima la kermesse di Casaleggio, la cosiddetta Leopolda dei Cinque Stelle, poi la storica vittoria della destra alle elezioni comunali, laddove la sinistra aveva sempre vinto dal dopoguerra
Qui in realtà i Cinque Stelle hanno rimediato solo un consigliere comunale, non sono fortissimi. Conosco invece Stefano Sertoli, il nuovo Sindaco, una persona abbastanza moderata. In una cittadina piccola come questa i problemi sono quotidiani: ristrutturare l'asilo nido, mettere a posto le strade; le questioni nazionali come le politiche sull'immigrazione stanno un po' a margine. È anche vero che la sinistra che ha governato il territorio per cinquant'anni avesse, all'italiana, creato un sistema “clientelare” e che dunque un cambio oggi ci possa anche stare, per rimettere in moto le cose.

Mi piace affrontare con te temi politici, sei sempre stato disinibito nel parlarne. A volte hai quasi dato l'impressione di essere di destra. Ho riletto una tua dichiarazione di qualche anno fa: “A volte capisco le nostalgie dei fascisti. Per lo meno con Mussolini i fascisti avevano la sensazione di un potere politico che teneva testa all’economia”
Molti discorsi di Cinque Stelle e Lega che sfociano nel complottismo becero sono in realtà cose che la sinistra si è rifiutata di vedere e analizzare. Dopo anni di poteri forti, di banche e finanza, la risposta all'insoddisfazione l'hanno data loro. C'è un grosso problema nell'economia, per come è strutturato il neoliberismo. I fascisti oggi stanno rispondendo a questo disagio, mentre la sinistra lo ha assecondato nel nome della responsabilità o del principio di realtà.

 

Dare per scontato che l'economia sia come le correnti del mare, naturale, alla lunga è una cosa sbagliata. L'economia va dominata, regolamentata, sottomessa. Oggi purtroppo queste cose le dicono solo i fascisti.
 

Permettimi la battuta: si vede che sei stato compagno di classe di Diego Fusaro
(Ride sguaiatamente, ndr) Era un ragazzo molto in gamba, ci siamo incrociati più volte nei corridoi. Era fissato con il marxismo, dunque mi stava molto simpatico allora. Era super studioso, ero sicuro avrebbe fatto carriera nel suo ambito. Ho iniziato a seguirlo, le sue prime uscite non erano male, poi mi è sembrato diventare la parodia di se stesso. Ogni tanto viene il dubbio che usi quel linguaggio da supercazzola soltanto per diventare un personaggio, un po' come Sgarbi quando urla nelle trasmissioni tv.

È il ballo la tua politica?
Mi sono avvicinato al ballo da poco. Nelle feste in generale trovo che sia sano lasciarsi andare. Penso sia un atto di liberazione potente. L'Italia ha un po' rimosso questa cosa qua, non so perché. (Si rivolge a suo figlio Carlo, che nel frattempo reclama – giustamente – suo padre indietro, ndr). Alla fine mi scopro parecchio come un uomo d'azione. Prima faccio le cose, poi te le racconto. Non sono partito con una dichiarazione d'intenti, ma ero già caldo come il fuoco. Farlo sotto i riflettori della musica mainstream è il gesto in più, non scontato, anche se dici che sono un produttore scarso (ridiamo, ndr).

È che a scrivere canzoni sei troppo bravo
Mi sto liberando anche delle canzoni. Mettere il clubbing all'interno del mio disco va in questa direzione. Ai concerti il pubblico, lo vedo, ha un’agitazione corporea ai massimi livelli. Li porto alla pazzia, c'è gente che non è abituata a fare serata. Questa cosa trasforma il live in un'esperienza.

Parli serenamente di droga, ma sei comunque percepito come un personaggio “positivo”
La droga è sdoganata nei testi, pensa al rap. Nell'esperienza narcotica e mistica è insita la rottura dell'esperienza comune, significa andare oltre. Il sentimento di comunione di certe serate è qualcosa che ti dimostra che sono possibili altre forme di società e di vita. È qualcosa di tribale, di arcaico, che si è rotto nei decenni.

E tutte queste cose le dici con tuo figlio a lato…
(Ride, Ndr)

Perdonami, corro il rischio di sembrare moralista. Forse è una cosa anni settanta da dire: ma dov'è finita la responsabilità degli artisti? Vien da dire che mentre ci facevamo di MDMA, ha vinto Salvini
Eh, questa è “la realtà che mi bussa alla porta”. Arriva il conto, chiaro. Sono tempi in cui quel tizio è abbastanza forte perché è un pagliaccio che sa usare bene i social e cavalcarne il lato oscuro. Se dici chiacchiere e bugie, però, piano piano la gente se ne accorge. Se non si dovesse abbattere da solo, con le proprie mani, si arriverà ad uno scontro violento. Saranno tempi in cui magari ci sentiremo più vivi, nella rabbia. Io penso che in generale tutta questa fase post-bellica sia una sbronza colossale, un party gigante che però non è sostenibile. La società dei consumi non può reggere più di tanto. D'altro canto abbiamo fatto festa nel nostro bel cortile e vogliamo tenerne fuori tutto il resto del mondo, la cosa non regge.

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