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Musica

Voglio essere Franco

di Chiara Monateri
06.05.2019

Il primo album solista
di Franco126 parla dei
“fatti suoi” e lo fa con lo stile
dei cantautori italiani,
senza dimenticarsi delle
sue origini rap

Tempo di lettura 7'

Federico Bertollini, classe 1992, in arte Franco126 ha deciso di ripartire da solo. Pubblicato a febbraio di quest’anno il suo album Stanza singola sta funzionando bene come Polaroid, dove insieme a Carl Brave aveva per la prima volta collaudato il mix di stilemi indie e rap diventato il loro marchio di fabbrica.

Ora viaggia da solo: solido sulla sua nuova strada, Franco126 racconta di un album dal sapore vintage che vuole resistere alla prova del tempo come i dischi dei grandi cantautori italiani con cui è cresciuto, da Lucio Dalla a Franco Califano.

Il rap rimane comunque fisso nel suo dna mentre Roma è meno protagonista, resta sullo sfondo: c’è meno voglia di raccontare una generazione e uno sguardo più rivolto all’interiorità, in un passaggio dal generazionale al personale.

Foto © Vito Maria Grattacaso

Nel frattempo faccio anche rap con i ragazzi della 126, perché quello continuerò sempre a farlo.

Franco126

Stanza Singola è un disco lontano dall’attualità e dalla frenesia dei social media. Come mai questa scelta?
L’idea era di fare un album che fosse senza tempo. Credo che troppi riferimenti all’epoca presente facciano invecchiare le canzoni con molta rapidità, io invece vorrei fare un disco che anche tra dieci anni possa suonare sempre uguale. Pensaci: se parli del social network X, tra dieci anni magari non si userà più, sarà invecchiato e nessuno lo conoscerà. Volevo fare qualcosa che rimanesse come i dischi dei cantautori, come Dalla: se lo riascolti adesso è ancora attuale.

Tu come vivi i social?
Non sono una cosa molto mia: per me non ha senso sbandierare online quello che si fa nella vita. Però è qualcosa che esiste e che può servire… per il lavoro che faccio però sono fondamentali. Quindi vivo un po’ questo conflitto.

Con Polaroid ti sei avvicinato al cantautorato anni ’70 e ’80
I miei hanno sempre ascoltato i cantautori, quindi è un’influenza che ho da molto tempo, però vengo dal rap e il mio background è quello del rapper. Sì, ci siamo spostati più verso il cantautorato con Polaroid, quindi ho iniziato anche a modificare i miei ascolti e a scoprire di più in quella direzione. È avvenuto un po’ per caso… poi funziona a livello di scrittura e mi piace come suonano i pezzi quando parlo dei fatti miei. Così è nato il disco.

Il fulcro del cantautorato italiano è l’amore
Sì, ma nell’album sono ancora più forti la malinconia e la solitudine. Volevo che da tutte queste canzoni d’amore emergesse soprattutto come sono io, e non tanto l’aspetto dell’amore o come lo vivo.

E Roma?
Mentre nel disco precedente era onnipresente, in Stanza Singola ho cercato di non inserire riferimenti specifici, così da dare un respiro più ampio al disco. Io parlo romano, ho questa inflessione e non me la toglie nessuno, però ho cercato di fare un album in cui la città non c’è ma si respira. Effettivamente non ne parlo, ma la puoi percepire tutt’intorno.

Sempre a Roma è stato girato il video di Stanza singola con Tommaso Paradiso. Vi conoscevate già prima della collaborazione?
No, non lo conoscevo. Lo stimo molto, penso che sia il più grande autore italiano in questo momento. Sento in lui l’eco di tutta la musica che mi ha portato a scrivere questo disco, ovvero il cantautorato anni ’70 e ’80 di cui ti dicevo prima. Gli ho mandato la canzone e quando ha ascoltato la traccia ha scritto il pezzo di getto, così è nata Stanza Singola.

C’è qualche artista con cui ti piacerebbe collaborare?
Vorrei lavorare con cantautori d’altri tempi! C’è da dire però che questo è un momento favorevole dal mio punto di vista grazie a tutta questa nuova wave di artisti itpop che riprendono il cantautorato, quindi potenzialmente potrei collaborare con chiunque. Ovviamente però ci deve essere il pezzo giusto: Stanza Singola era perfetto per Tommaso, non ci avrei visto nessun altro.

Come hai fatto a dare unità a tutti i pezzi?
È stato difficile capire come muovermi. Venivo da Polaroid, un disco che aveva funzionato e che aveva delle caratteristiche molto precise, in cui si parlava di Roma e della contemporaneità. Con il nuovo progetto volevo fare qualcosa di completamente diverso e per trovare una cosa bella, che mi piacesse, è stato impegnativo.

Segreti per farcela?
Ho scritto tanto. Ci sono cinque pezzi scartati dall’album e almeno altre venti bozze di testi che non ho portato avanti e che vanno in tutt’altra direzione. È stata una lunga ricerca ma sono felice del risultato, l’importante è avere sempre nuove sfide per evolversi e soprattutto per divertirsi. Quando scrivere si riduce a essere il compitino da fare diventa poco stimolante, almeno per me, invece facendo cose nuove ti metti sempre alla prova, e penso che questo valga per ogni ambito della vita.

Ora stai scrivendo?
Sì e sto provando a fare cose un po’ diverse, oltre ad altre che restano sullo stile di Stanza Singola. Nel frattempo faccio anche rap con i ragazzi della 126, perché quello continuerò sempre a farlo.

intervista a Franco126 foto Vito Maria Grattacaso

A me piace magnà, ve lo dico…

Franco126

Da marzo sei in tour per la prima volta da solo con una band, come sta andando?
Bene, c’è una bella risposta. Mi diverto molto, con la band c’è un bel mood. I pezzi, come mi ero prefissato vengono molto simili al disco e mi piace il risultato d’insieme.

Staresti sempre in tour o non vedi l’ora che finisca?
Mi piace l’alternanza delle due cose: ogni settimana circa ho una data, quindi sto a scrivere e a farmi gli affari miei e poi quando è ora parto.

Non starei tutta la vita in tour, ti stanchi di cantare sempre le stesse cose e a un certo punto senti la necessità di fermarti. Io poi ho molto bisogno dei miei spazi e di farmi gli affari miei.

Come sei con i fan?
Non mi vesto in modo appariscente e non sono particolarmente distinguibile, quindi posso girare tranquillamente per strada senza essere riconosciuto e questo mi fa piacere, ci tengo molto alla mia vita privata. Ovviamente se sto a Trastevere che la gente sa che è la mia zona e che ci sto con miei amici, capita che mi vengano a chiedere una foto, e non è una cosa che mi mette in difficoltà.

E loro come sono con te?
Ho notato che quelli che si rivolgono a me sono particolarmente rispettosi, credo che sia una particolarità del pubblico della musica che faccio, non è invasivo e capisce le situazioni… Per dirti, non mi è mai capitato di mandare a fanculo qualcuno perché era aggressivo, quindi tutto bene.

C’è una canzone di Stanza Singola a cui sei più affezionato?
Ieri l’altro, perché racconta una storia. Parla di me, dei miei amici, di un amico che è venuto a mancare, per cui ha un significato particolarmente importante. Credo sia anche il pezzo che ho scritto meglio. 

Cosa ne pensi dei talent show?
I talent possono aiutarti a emergere, però questo è proprio il momento in cui puoi farlo in un milione di altri modi, per esempio internet.

Io ascolto anche gente che viene dai talent, ma ho l’impressione che il pubblico sia poco affezionato alla produzione dell’artista in sé, e questo rischia di trasformare gli artisti in meteore. Credo sia più importante costruire un successo solido, facendo musica in maniera consistente, passo dopo passo.

E di Sanremo?
Sanremo è una tradizione. Me lo guardo e ho notato che si sta svecchiando, in futuro potrei pure andarci: si sta aprendo a molte novità e questa è una cosa positiva. Non credo alle scorciatoie: se Sanremo è la consacrazione di un successo solido ha senso, se invece ci vai per portare un pezzo ma non stai costruendo niente, allora è difficile rimanere.

Anche perché ora la situazione si è ribaltata: prima erano gli artisti ad aver bisogno di Sanremo, ora è il festival che ha bisogno di musica nuova
Vero, infatti anche le etichette sono molto più aperte, hanno capito che si può fare a meno di loro, quindi stanno cercando nuovamente di rendersi indispensabili.

Ci sarà un nuovo disco con Carl Brave?
No, non ci sarà.

Se dovessi stare nella Stanza Singola per giorni da solo, che album ti porteresti?
Tutto il resto è noia del Califfo, Dalla di Lucio Dalla e poi uno rap: mi porterei Young Bettino Story di Gionni Gioielli che mi piace molto.

Nella Stanza Singola apri il frigobar: cosa vorresti trovarci dentro?
Quello che mi pare? Sushi, quello di Poporoya (storico ristorante giapponese a Milano, ndr), il chirashi come lo fanno lì mi fa impazzire. Anche due birre. A me piace magnà, ve lo dico…

Tranquillo, il frigobar è senza fondo
Allora ci metterei dentro tutta la ristorazione romana, almeno dieci ristoranti a mia disposizione, chiaramente con prodotti di stagione, pesce fresco e pasta all’uovo fatta la mattina stessa. Posso trovarci anche qualcosa che non sia cibo? Magari un bel computer per lo streaming, così mi vedo qualche film, che in una stanza singola poi ti rompi le palle. Ma il chirashi di Poporoya possiamo ordinarlo?

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