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Musica

O poghi o piangi

di Claudia Mazziotta

21.07.2023

Da una Napoli vista dall’alto,
Tripolare racconta la sua malinconia
energica. A un passo dal botto, ma
senza fretta.   
Tempo di lettura 12'

Non sai mai se è imbarazzo o sicurezza di sé. Lui dice che è timido, e gli occhi confermano, poi lo vedi lì, seduto a suo agio, che distoglie lo sguardo solo quando pensa a come rispondermi, a dove trovare le parole. Certo, si ingarbuglia nei discorsi; fa dei giri immensi come solo un napoletano sa fare per spiegarti le cose. Si perde un sacco Gabriele Centurione: 21 anni, in arte Tripolare, parla piano ma alla fine arriva al punto. Con calma, con i suoi tempi, a modo suo, si fa capire. Come nelle sue canzoni – accordi distratti e biascicati, sballottati in aria da beat hypercore o da una strana tristezza pop – ti conquista quant’è sincero.

Fotografia © Vito Maria Grattacaso
Styling Diesel a cura di © Francesca Cavalcanti 

La rabbia è un crimine da curare con l'empatia.

Tripolare

“Non sei bipolare, ma sei Tripolare!” – battutona, balle di fieno che rotolano, lui per fortuna sorride. Così cominciamo a parlare.

Sceglie il suo nome d’arte da ragazzino, a 14 anni, quando la musica era tutto un gioco libero di sperimentare da un estremo all’altro. Chiamarsi Tripolare spiegava perfettamente questo manipolare mille suoni diversi dell’epoca: “Con le produzioni passavo dalla drum and bass all’indie pop al punk: cosa che in realtà si chiama incoerenza, ma per me era sperimentare tanto e testare tante pubblicazioni prima di capire il mio genere prevalente”. Tripolare nasce allora, inteso come: “Non ho tanto le idee chiare su quello che sto facendo: so solo che ci metto passione e mi diverto”, ricorda.

Poi, con il tempo: “La musica ha acquisito senso”. E Tripolare si è fatto ascoltare: la scia di singoli dal 2020 ad oggi con Tutto quello che voglio, l’ultimo brano, e due EP, Acne e Panorama20. Nel mezzo, la firma con Sugar e i live, fino a un tour in corso partito a maggio dal MI AMI Festival di Milano. Dove se c’eri sei impazzitə anche tu.

Un attimo prima nel pogo un attimo dopo tra le lacrime. In preda a “una malinconia energica” che non lascia scampo a nessun tipo di sentimento.

Scrive, compone e produce da sé, stretto nella sua cameretta-studio a Rione Alto, il quartiere di una Napoli che Gabriele ha sempre vissuto dall’alto, appunto. E di cui non parla spesso nelle sue canzoni, per via del fatto che non parla bene napoletano. Si spiega: “Il culto di parlare napoletano è un must have se nasci qui. Se, invece, capita che sei di Napoli e non parli bene il napoletano è veramente stressante: è come se fossi nato in un posto, ma non sei veramente di quel posto, vieni sempre un po’ emarginato; vieni visto come un cazzone. È una scemenza: nel mio caso è successo solo perché mia madre è di Napoli, ma non parla napoletano e mio padre non è napoletano – easy – eppure mi ha dato una forma di odio verso me stesso”.

Ne ha parlato anche in un pezzo, Via di mezzo, che non sa se uscirà mai: “I napoletani hanno molto a cuore la loro provenienza e anche io ce l’ho molto, eccome, però mi hanno tolto la lingua per poterlo esprimere”.

Esprime, urla, soffre, invece, nelle sue canzoni: l’amore giovane, quello maturo; la noia; la voglia di evadere, di crescere e capire qual è il posto nel mondo ideale. Per scoprire che, alla fine, le risposte si trovano nella calma, quando ogni tanto ci fermiamo e si sta ad ascoltare. Il rischio, altrimenti, è convincersi di stare bene, “davvero”. Ammettere di avere Tutto quello che voglio, ma in realtà stai solo andando di fretta, stai solo andando per forza.

Quel pezzo lì (l’ultimo singolo uscito, prodotto da Bias e BRAIL, NdR) è tanto della nostra generazione che comincia a fare i conti con l’iperattività e la performatività a tutti i costi. Finally cominciamo a rallentare (almeno nella nostra bolla?); a prendere coscienza che ognunə va con i propri tempi. Che non significa non raggiungere i propri obiettivi, afferma Tripolare:

“L’importante è non combaciare con le necessità della società, ma capire che puoi dedicarti a ciò in cui credi tu”.

Quindi puoi viaggiare, puoi studiare tante cose insieme o specializzarti in una nicchia. Allo stesso tempo, però: “Gli anni passano, devi scegliere una strada e martellare su quella per riuscire ad ottenere dei risultati ”, dice.

Tripolare torna sul tema no fretta/no pressure in Quello che mi piace (da Panorama20, 2023). Nel pezzo l’artista prende un caffè un po’ incazzato “con l’ennesimo stronzo che fa l’Università e dice presto partirò”. Lui non l’ha presa, l’Uni, è okay. E la scelta è precisa: “Vedo molti amici che si iscrivono a una facoltà solo per fare qualcosa; che iniziano solo perché i genitori gli hanno detto: ‘Se dopo il liceo non cominci, sei un fallito, stai buttando il tuo tempo’”

Penso, però, che se riesci a trovare il lavoro che fa per te, poi te lo tieni stretto molto più a lungo. Mentre la maggior parte continua a studiare solo per fare qualcosa. In verità o non gli piace o non sono portati”, continua Tripolare. Che invece si è preso un anno per capire quali fossero le sue passioni – a proposito di idee che si schiariscono e tempi personali di cui sopra e sopra e sopra e sopra: “Consiglio a chi ancora non ha capito di fermarsi. Perché dopo il liceo non è detto che sai già. In tal caso è meglio aspettare un po’, cercare di capire”.

Essere sincerə, assecondare l’evoluzione naturale del crescere umano e non arrendersi in generale: attorno a questi tre poli si costruisce il percorso artistico (e personale) di Gabriele. Sulla sincerità siamo ferrati: i suoi testi spiazzano in questo senso e sono di un romanticismo crudo e tenero allo stesso tempo. Sul non arrendersi, dice: “Sono quattro anni che faccio questo; ci sono artisti che in un anno fanno il botto. Io sto capendo con il tempo la direzione giusta e la forma della gavetta è quella che mi caratterizza”.

Non esiste che parlo di cose solo perché devo fare un pezzo. Piuttosto finisce la mia carriera.

Tripolare

Sull’assecondare il corso naturale del crescere e cambiare, invece, l’abbiamo letto fin qui. Ma c’è da aggiungere qualcosa. Dice: “Sarebbe utopico cominciare a fare rap a diciassette anni e continuare a farlo nella stessa maniera. Oddio, c’è chi magari ha la fortuna di trovare subito la sua strada o chi è cresciuto troppo in fretta”. Nel suo caso, che è diventato chi è oggi con turbe marginali rispetto ad altre persone che hanno vissuto vite travagliate, ha avuto una vita per certi versi tranquilla ed è cresciuto piano, è cambiato tanto:

“Negli ultimi anni ho cambiato stile, temi e motivi che mi spingono a fare musica, ma stai certa che nelle canzoni parlerò sempre di ciò che vivo”.

L’ha detto anche a Sugar (la label con cui ha una firma), chiaramente: “Non esiste che parlo di cose solo perché devo fare un pezzo. Piuttosto finisce la mia carriera”. Tratta temi semplici o complessi, ma che fanno sempre parte della sua vita per come è andata, dice Tripolare: “Vedi i miei due EP: Acne e Panarama20 sono entrambi una scatola in cui racconto una parentesi della mia vita”. Se Panorama20 è l’ingresso nel mondo adulto, con tutte le sue responsabilità, nuove consapevolezze, riflessioni sulla musica come lavoro (le major, le mode, se piaci, non piaci); invece Acne rappresenta la fase adolescenziale. Un periodo in cui Gabriele era in balia di un sentimento che non sapeva bene dove stesse andando: “Quell’EP per certi versi era più sognante”, pensa. 

Parlava del primo amore, delle prime esperienze sessuali; quando cominci a capire quello che ti piace, come ti piace. E se sei in grado di goderti un’Orgia: “Per un periodo ho invitato a casa sempre gli stessi amici, che a un certo punto della serata si chiudevano in camere diverse a fare le loro cose, in serenità. Poiché era una situazione che si ripeteva, si era buttata lì l’idea di fare un’orgia, scherzando; ma più accadeva più mi affezionavo a una persona in particolare. Capivo che non ero più disposto a farlo perché erano entrati in gioco sentimenti (come la gelosia) per cui in quel momento non potevo farci nulla”, racconta l’artista.

Non riuscirebbe a reggere una coppia aperta, Gabriele. Anche per l’esempio che ha avuto dai genitori (Colori, 2023) – una coppia molto innamorata, nonché una madre e un padre stupendə con cui ora ha un ottimo rapporto, dice: “Così mi sono scoperto monogamo”. Così ha conosciuto la sua attuale ragazza e l’amore di Acne ha preso una forma più matura. 

Ne parla in Coccinelle nere, un brano che è sempre una dichiarazione d’amore come lo era Istantanea (2020), ma che nella frase Da adesso il mio bene è il tuo bene punta una svolta: “A una certa età l’amore è una scelta. C’è il coinvolgimento emotivo, l’attrazione sessuale e tutto, ma si va oltre. Io mi sono sentito attratto da una persona molto bella, ma in generale ti senti appagato più se ami che se sei amato”.

Continua, sempre a proposito della ragazza, ma virando sugli ascolti e le influenze recenti: “Quando l’ho conosciuta, lei mi ha fatto scoprire il mondo cantautorale che io non avevo mai considerato. Mi sono innamorato anche di quello: dei cantautori e le cantautrici italiane degli anni ’60”, e gli si illuminano gli occhi. Soprattutto ha ascoltato Tenco:

“Assurdo, perché ci ho trovato una forma di trap nella sincerità estrema che era quel periodo lì di scrittura. Tutti quegli artisti e quelle artiste parlavano di cose concrete e la scoperta di quel mondo lì mi ha fatto crescere a mia volta”. 

Dagli studi classici – prima il violoncello, poi il pianoforte, oggi il canto – a due EP che ai live cantano tuttə; da brani esplosivi e d’istinto a pezzi chitarra e voce sofferti; passando dall’elettronica felice di Saliva (2023) con Vale LP e dall’amore musicale con i conterranei Thru Collected (ma senza collaborazioni future).

In 21 anni di musica Gabriele deve andare piano, sennò si pente. 

Specie ora che sta con un’etichetta: un traguardo assoluto che un po’, però, mette paura. Perché ogni passo che fai non puoi più retrocedere: “Prima con DistroKid pubblicavo un pezzo, poi lo eliminavo se non mi piaceva, amen. Ora, invece, devo pensare molto meglio a cosa butto fuori e cosa no. Ho paura di fare qualcosa di cui potrei poi pentirmi, ecc. Poi, capirai, sono un ossessivo compulsivo che non hai idea”, ride.

Occhialetti mascherina (rubati alla copertina di Jim Dawson con un casco da rugby e delle lenti giganti, NdR), capelloni spettinati, parecchio stile, onestà, pathos. E si va. Lo puoi vedere spaccare qualche palco, ora che è in tour: Tripolare che si ingarbuglia nelle parole, si raggomitola dentro le frasi un attimo dopo aver generato il pogo tra il pubblico, alzando schizzi hypercore e urla generazionali. Ma in realtà è timido, diceva all’inizio di quest’intervista.

Tripolare è un caos calmo, mettiamola così. Perché bisogna fare e mettercela tutta, andare avanti. Sempre. Ma è anche importante fermarsi e stare solə, annoiarsi, pensare, lasciare e arrendersi. Anche se un altro pezzo scritto è da buttare (Poligoni Molli, 2021). Perciò Tripolare lo sa. E lo sappiamo anche noi. 

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