14.07.2023
In occasione del live di Pufuleti,
abbiamo fatto una chiacchierata col
collettivo napoletano che da un buco
guarda in alto.
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Dicono che vedi Napoli e muori, ma dalle stories Instagram di questi mesi l'effetto non è lo stesso. Quindi sono andata di persona nella città che ti ruba il cuore, giusto in tempo per vedere in real life gli ultimi strascichi dei festeggiamenti più virali dell’anno, ma quanto basta per starne anche alla larga e cercare lidi meno abusati.
Fotografia di © Elea
Sì, perché tra uno scudetto vinto di qua, alcune serie streaming di grande successo di là e una rinnovata, e ri-acclamata, scena musicale, è innegabile che questo sia il momento d’oro di Napoli. Città, o forse cultura che da sempre affascina e conquista, terreno fertile che si autoalimenta della propria creatività, della propria energia, diventando fonte d’ispirazione, trendsetter verace o, purtroppo, bagaglio di costumi da derubare. Eppure, in mezzo a una città che sempre più vogliamo immagine della sua stessa cartolina, a rischio di turismo intensivo e feticizzazione al limite del, concedetemi il termine, “napoliwashing”, ancora troviamo realtà sincere.
Il mio porto sicuro l’ho trovato allo Slash+, locale non segnato sulla mappa della movida, lontano dai festoni azzurri-bianchi che colorano la città, ma non per questo meno interessante. Anzi, l’occasione per scendere le scale al suo interno è una
Thrucofesta, serata a cadenza occasionale, per mantenere il brivido della sorpresa, che ospita live act e dj set di e per una nicchia effervescente che arricchisce i vicoli della città.
Ma soprattutto, è un progetto nato da una costola di Thru Collected, collettivo che non ha bisogno di presentazioni, e che conosciamo bene, da quando negli ultimi anni è diventato un nome di riferimento di una nascente e artisticamente frenetica scena musicale, che dal basso guarda in alto, restando, o almeno provando a restare, fedele alla sua linea. Da Discomoneta, album di debutto del 2021, il collettivo ne ha fatta di strada: letteralmente girando i palchi di mezza Italia, e artisticamente, dando spazio alle singole voci al suo interno e accogliendo cambiamenti e nuove forme di essere. E le Thrucofeste ne sono un esempio. “Solitamente dopo il live i ragazzi aprivano i computer e incominciavano a pescare roba archiviata, campioni, sequenze droni e a suonare. Una volta, a causa dello spazio, non era stato possibile e quindi ci trovammo a organizzare un “after party” in un locale sotterraneo al centro di Napoli. Da lì è diventata abitudine e così sono nate le thrucofeste”.
Mi racconta Riccardo, uno dei fondatori e organizzatori delle serate, confermandomi una delle poche certezze della vita che ho, ovvero che spesso le cose belle nascono per caso. Ma per farle continuare ci vuole impegno e questo sembra non essere mancato visto che nel corso del tempo quello che era uno svago tra amici è diventato una serata che coinvolge non solo artisti esterni, ma anche un pubblico affiatato e affezionato.
La temperatura aumenta nel sottoterra del locale, sudore, fumo e piedi calpestati sono il chiaro segnale che siamo all’apice dell’evento. Mentre Pufuleti sul palco scatena il panico tra la folla, con perfino un Giovanni Truppi a distanza divertito dalla situazione, ripenso alla mia prima Thrucofesta: senza farlo apposta precisamente un anno prima, sempre a Napoli, dopo un evento allo Scugnizzo Liberato che aveva animato non solo un largo pubblico, ma anche gli animi, dando la certezza di trovarsi al posto giusto nel momento giusto di un evento che univa tutti i presenti, e non solo. E la capacità di creare un io collettivo, dentro e fuori, sembra essere il tema del collettivo napoletano.
Quale sia la formula per creare tutto questo non lo so e non lo sa Riccardo, non lo sa Rainer o Giovanni, neppure Peppe o Fabrizio, o Valentina e Marika. Probabilmente è chimica, non si può spiegare, ma solo lasciare che accada. Quello che possono dirmi però è come nasce una Thrucofesta:
“È un'appendice di Thru Collected, quindi si tratta più o meno degli stessi membri che collaborano in vesti diverse. Divertirsi e divertire per noi è importantissimo, ma forse ciò che davvero conta è la suggestione che cerchiamo di creare coinvolgendo il pubblico nel nostro mondo fatto di suoni inusuali e armonie controverse”.
Giusto, perché la macchina è una, ma le teste sono tante. Stasera, ad esempio, la festa è stata battezzata da Cinquantanormale, celebrata dalle Las Winx e conclusa con un set speciale da Miin---Amor, ognuno con la sua firma stilistica. Il mondo clubbing è il comune denominatore, ma qui declinato in diverse sfumature soggettive, dalle sonorità più raffinate a quelle “cassadritta”, fino a sperimentazioni e distorsioni. E come si armonizza il tutto? “Non si vuole armonizzare, ma lasciare esprimere i propri gusti personali che, alla fine, quando suoniamo, si intrecciano perfettamente” spiegano e aggiungano: “ci facciamo le playlist, ci chiudiamo in studio [Buco Studio] e proviamo i set finché non funzionano. C’è molto metodo, ma anche istinto e ricerca con ore e ore di musica ascoltata”.
E mentre Pufuleti si svuota i polmoni con l’ultimo pezzo, in un bagno di sudore e folla, non posso che pensare che la magia di tutto questo sta anche nel pubblico, fatto di tanti amici e molti fan, che consolida questo legame con la realtà locale, creando un senso di appartenenza in cui la musica fa da collante naturale. Ma cosa succede se le Thrucofeste escono da Napoli? “Finora siamo riusciti a ricreare la stessa atmosfera delle nostre serate in tutte le città in cui le abbiamo portate. Milano [MI AMI 2023 preview] è stata forse la data più bella mai fatta perché, grazie all’organizzazione e a Dr. Martens, abbiamo avuto la possibilità di lavorare alle produzione come si deve".
"Il fatto più soddisfacente è che in ogni trasferta siamo riusciti a coinvolgere il pubblico con gli stessi strumenti che utilizzavamo all’inizio in una grotta a Napoli di 20 metri quadri”.
La festa sta volgendo verso il termine con un Miin---Amor [Fabrizio] che cammina nervosamente sul palco, distorcendo voce e suoni in una nuvola di fumo verde. Con lui Giovanni, o Las Vegan, “l’altro lato della medaglia, quello delle selezioni musicali che noi chiamiamo "intelligenti”. Suona in modo ordinato, innesta roba techno con la glitch e suona spesso insieme a Rainer [Cinquantanormale], che ha un approccio molto simile”. Fabrizio, invece, è il midi wizard, mi dicono, “quello che con un controller e un pc comincia a suonare le tracce come se stesse dirigendo un’orchestra di musicisti schizzati. Il suo set ha forti escursioni dinamiche che rendono la fruizione universale e leggibile da chiunque sia disposto a collegarsi alle casse”.
Si è fatta un certa, ultima tappa al bagno e poi iniziano gli infiniti saluti che ti fanno temporeggiare nel locale perché, in verità, non te ne vuoi andare. Cerco un passaggio per rincasare e saluto i ragazzi, mi viene spontaneo chiedere quali siano i prossimi piani.
“Con thrucofeste speriamo di riuscire a portare in Italia artisti che ci piacciono, che da sempre influenzano il nostro modo di fare musica e diffondere, almeno tra chi ci segue, il nostro immaginario. L’impresa ha le sue difficoltà, ma la buona notizia è che siamo andati sempre meglio quindi per ora continuiamo a sognare. E, chissà, magari mettere sù anche un festival?”.
Beh, nel caso, fateci sapere, che saremo ancora una volta lì a ballare e sudare con voi.
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